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Una moto performante non lo è totalmente se l'impianto frenante non è messo a punto.
Quindi eccoci qui, come di consueto, per aiutarti con le Guide del Giovedì di Portami in Pista!
Come ti abbiamo spiegato in questo articolo, i dischi ricoprono un ruolo fondamentale nell'impianto frenante e impattano non solo sulla potenza frenante, ma anche sulla guidabilità del mezzo. Devono dissipare calore, resistere all’abrasione e, possibilmente, durare a lungo!
La prima caratteristica che salta all'occhio riguarda i materiali:
il mercato offre diverse soluzioni
- Ghisa: attualmente la ghisa non è più utilizzata sui motocicli, specialmente a causa del suo peso.
- Acciaio: solitamente questi dischi sono formati da una lega che, in base al materiale utilizzato, si suddivide ulteriormente in due categorie:
- steel carbon: ferro e carbonio costituiscono la percentuale maggiore della lega. I dischi in acciaio al carbonio sono altamente performanti e consentono frenate energiche, resistendo molto bene agli sforzi meccanici;
- acciaio inossidabile: i più utilizzati sia per le moto onroad che offroad. Caratterizzati da un’altissima concentrazione di cromo, sono i dischi che entrano in temperatura ottimale con la maggior facilità e velocità. Poiché, tra l'altro, non sono soggetti a ruggine, questi dischi vengono largamente utilizzati anche per questioni puramente estetiche. L’uso di questo materiale comporta il ricorso a pastiglie frenanti sinterizzate che garantiscono elevati standard di coefficienti d’attrito.
- Ceramica o Carbon-Ceramica: per gli impianti che ricercano la performance estrema o, alle volte, il lusso.
- Carbonio o carbon-carbon: la loro forza frenante deriva dal mantenimento di temperature molto elevate, il che ne comporta un impiego quasi esclusivamente per le competizioni, ove la velocità e il calore generato in frenata è altissimo. La peculiarità del carbonio sta nell'aumento del suo coefficiente di attrito proporzionalmente all'aumento calore (al contrario dell'acciaio). I dischi in carbono vengono realizzati in fibra di carbonio (non grafitizzata), seguita da immersione in una matrice grafitica: un procedimento complicato che ne determina anche un costo proporzionalmente elevato.
- Alluminio. Materiale dismesso, fu utilizzato negli anni 80 -a fronte di un rivestimento al plasma- durante alcune competizioni, giocando a ridurre il peso totale.
In seconda battuta, determinante per i dischi è la forma
- "Pieni": i dischi sono pieni e rotondi, con una doppia superficie di contatto con le pastiglie. Sono tra i più diffusi sia per auto che per moto. Su questi dischi è facile trovare forature o baffi atti a ravvivare le pastiglie, pulire la superficie da polveri e gas di frenata (evitando quindi il fading) e ad alleggerire il disco stesso, conferendo più “aggressività” alla frenata.
- "A margherita": la forma a margherita è impiegata unicamente nel mondo motociclistico. Il profilo della piastra frenante è particolare: può essere a onda o intagliato. Anche nei dischi a margherita fori, “baffature” e bordo discontinuo lavorano come nei dischi pieni, aumentando gli spigoli d'attacco disco/pastiglia e tenendo pulite le pastiglie stesse. Questo ne comporta un largo impiego fuoristradistico, ove lo sporco intacca continuamente le pastiglie. Nonostante ciò, anche gli “stradisti” spesso ricorrono ai dischi a margherita, che vengono profilati, forati e baffati per massimizzare il raffreddamento e la pulizia delle pastiglie per assicurare una frenata racing.
- "Ventilato": rarissimi nel campo motociclistico, utilizzati una volta nel campionato Superbike. Trattasi di due dischi con una sola superficie di contatto con le pastiglie. I dischi sono uniti tra loro e lasciano lo spazio per un passaggio per l'aria tra i due (il che permetterà di dissipare una maggior quantità di calore).
Freno a tamburo vs disco
Il freno a tamburo
Il freno a tamburo è costituito dal tamburo, un cilindro rotante solidale con il sistema da frenare, e dalle ganasce, dei ceppi di materiale d'attrito usati per convogliare una data forza sul cilindro. Le pastiglie dei freni costituiscono quindi l'unico elemento fisso il quale, su sollecitazione di pompe o camme idrauliche, è responsabile dell’attrito con questa superficie di contatto, permettendo la frenata del veicolo.
Una volta realizzati in ghisa, oggi sono destinati a pochissimi modelli, dove la performance non è una priorità: custom, scooter o qualche moto di bassissima cilindrata (e dubbia qualità).
Purtroppo la capacità di dissipare calore dei dischi a tamburo è esigua: al maggior calore corrisponde una minore efficienza. Tendono a deformarsi facilmente a causa delle alte temperature e dell’usura.
Un ulteriore svantaggio sta nel periodo di rodaggio maggiore per ottenere la massima efficienza di frenata. Non sono di certo i dischi che vorresti avere sulla tua moto sportiva, né in strada né in pista.
Il freno a disco
Trattasi del metodo attualmente più usato. Questo strumento prevede un disco come parte rotante (solidale alla ruota) e una pinza del freno ferma (solidale al telaio).
La pinza freno “ospita” le pastiglie che, durante la frenata, premono (azionate da dei pistoni idraulici) contro il disco rotante, generando attrito in misura direttamente proporzionale alla pressione esercitata sulla leva del freno. Le pastiglie odierne sono create con diversi materiali (organici, minerali, particelle metalliche, etc) atti a sostituire le particelle di amianto (bandito in numerosi paesi, per ovvie ragioni).
Il vantaggio più evidente dei freni a disco sta nel raffreddamento. I dischi dei freni sono infatti esposti e all’aperto, cosa che permette una migliore dissipazione del calore e un minore sbiadimento della frenata.
Rispetto a quelli a tamburo, i freni a disco posseggono anche una maggiore potenza frenante, essenziale in una frenata d’emergenza o in pista.
Last but not least, questi freni sono anche più facili da sostituire; operazione che, tra l’altro, è abbastanza frequente. I dischi sono più performanti ma meno durevoli degli omologhi a tamburo, e anche meno economici.
Dischi integrali vs flottanti
I dischi integrali
Vengono collegati in maniera solida al mozzo della ruota. Il loro utilizzo è largamente legato alla ruota posteriore, stante il minor lavoro richiesto.
Sulla ruota anteriore, invece, il loro uso è limitato ai mezzi dalle prestazioni relativamente ridotte.
I dischi flottanti
Grande evoluzione in materia di frenata. Il disco ha uno spessore piccolo, per ridurne il peso, ma una superficie ampia: la sua struttura presenta una notevole sensibilità alla dilatazione termica, che porta a una deformazione sia in senso radiale che assiale (parallelamente all'asse della ruota).
Questo fenomeno, congiuntamente allo sfarfallamento, comporta uno scompenso nella frenata.
Tanto premesso, si spiega perché si sia congegnata la possibilità, per il disco, di “assestarsi”, deformandosi senza corrompere la capacità frenante. In questo caso la fascia frenante è libera di muoversi in maniera radiale rispetto al mozzo della ruota. È incastrata mediante bussole circolari che la legano alla struttura legata al mozzo, riuscendo comunque a muoversi in senso radiale.
Svincolare il disco dal suo supporto è un’esigenza emersa per contrastare il surriscaldamento cui lo stesso è sottoposto durante le staccate più “violente”, come avviene nelle competizioni agonistiche. L'alternativa, meno diffusa, al disco flottante è la pinza flottante.
Ma questa è una storia per un altro giorno, o meglio per un'altra Guida del Giovedì!
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